"Pico Trail" il giorno dopo...
Qualche problema a scendere dal letto, a svestirmi e
rivestirmi..a scendere le scale…a sedermi in macchina ed allacciare la cintura…
ecco le vere difficoltà il giorno dopo il Pico; ma la gioia e la felicità di
aver fatto quell’esperienza ieri sono di gran lunga superiore a dolori ed
acciacchi.
Quelli passano, la gioia invece rimane.
Facciamo qualche passo indietro a qualche settimana fa,
quando avrei dovuto correre le terre di mezzo, ma una fastidiosa infiammazione all’inguine
ha deciso per me, impedendomi di affrontare uno dei miei limiti: quello di
correre delle distanze superiori ai 10 km.
Le terre di mezzo erano un possibile primo passo che è
mancato. Ero parecchio scoraggiata, ma quel primo passo non lo vedevo così
vicino tenendo conto dei miei limiti, delle mie paure e di tutti i miei fastidi
fisici che ormai ho deciso di chiamare per nome per cercare di farmeli amici.
Così altri giorni di stop per poi ricominciare di nuovo da
dove si aveva lasciato, naturalmente con tutte le dovute precauzioni.
Non ci pensavo al "Pico Trail"...18 km… non ne ho neppure 12 piani..
figuriamoci 18 impegnativi.
Ma io “sono tutta strana” e preferisco percorsi
impegnativi che piani. Quel che mi blocca non è la pendenza, quanto la lunghezza
del percorso…perché non ci sono di testa, perché vado in crisi e tutti lo
sanno.
Martedì però sono uscita, ed ho deciso di fare un lungo,
senza guardare l’orologio e tantomento il chilometraccio. Durante la corsa, ho
riflettuto su questi miei "ostacoli", sugli obiettivi, sul fatto che sono la prima a dare
consigli e suggerimenti, ma poi nel mio piccolo alcuni non li metto in pratica.
Sul fatto che dopo il primo infortunio ho avuto paura..e ad
ogni minimo dolorino mi fermo per paura di rimanere ancora ferma per un tempo
infinito. E alla fine tutto
diventa un limite, un ostacolo.
Dopo quell’uscita avevo maggior consapevolezza di me stessa,
mi sono detta: “chi se ne frega”, “chi ti corre dietro…se non provi non lo
saprai mai”.
Quindi l’idea era quella di andare domenica al Pico, ma
senza nessuna aspettativa, che ogni volta che me ne pongo qualcuna alla fine o
non corro o succede sempre qualcosa.
Faccio quella che non ci pensa…e domenica si vedrà mi dico.
Sdrammatizzo sul numero, ma, mi si addice proprio: sto per
partire per fare 18 km senza sapere ne come saranno ne se ce la farò e la
verità è che non mi pongo il problema. Voglio solo provare a farli.
Si torna alla macchina, il tempo è sereno, non mi vesto
troppo pesante nonostante i 5°. Maglia delle aquile: “se non la si mette in
queste occasioni importanti…” e mi attacco il mio 90 prima sulla maglia, e poco
prima della partenza lo sposto sui ¾.
Evito il riscaldamento…tanto c’è tempo x riscaldarsi. Alle ore 9.00
si parte.
Decido di rimanere in fondo al gruppo, faccio una scelta
sensata rispetto alla mia non preparazione. Sto con la Lory che le dico di
rallentare che per me il passo è troppo ed è ancora lunga e soprattutto non mi
do fretta. Appena i piedi e le mani si scaldano mi fermo ad allacciarmi
meglio le scarpe…io e la lory stiamo insieme per un paio di km credo, poi il
percorso inizia a stringersi e diventa difficile aspettarsi…
Proseguo da sola, ma è anche quello che voglio, ho bisogno
di farla da sola questa esperienza, con me stessa.
Si inizia a salire, incomincio ad andare al “mio” ritmo senza
faticare troppo e lascio dietro di me qualche persona. Ogni organizzatore che incontro sul percorso gli dico
“Buongiorno” con il sorriso.
Ad un certo punto mi ritrovo su degli “scogli” bianchi, mi
viene da ridere, mi ricordano il mare: un pensiero a quand’ero piccola che
giocavo tra uno scoglio e l’altro cercando di non cadere e di appoggiare il
piede nella conca giusta.
Proseguo…sono insieme ad altri due corridori, sto un po’ con
loro, ci si arrampica tra le varie rocce, radici, alberi e vegetazione varia. Sorrido perché sono contenta, mi trovo a mio agio e mi sento
bene.
Ogni tanto mi chiedono se voglio passar davanti, ma sto bene
lì dietro..e si continua a salire.
Inizia un po’ di discesa, e mi accorgo che “non ho freni”, e
che riesco a tenere nonostante non abbia mai affrontato discese di quel tipo.
Sono sempre dietro ai miei due compagni di avventura, ma uno
decide di mettersi da parte per farmi passare. L’altro mi chiede se voglio
passarlo, all’inizio gli dico di no…poi capisco che o lo travolgo e cadiamo o è
meglio che lo passo e quindi gli dico: “forse è meglio che provo ad osare
altrimenti ti travolgo”. E quel “Osare” mi ricorda il nostro gruppo e sorrido.
E si risale… mi chiedo quanto manca al ristoro, che ho
proprio bisogno di idratarmi, non manca molto mi dicono. Eccoci lassù in cima,
nel punto più alto di tutta la gara e finalmente il ristoro.
Già quello sembra un traguardo, la gente lì sopra mi dice
brava, si complimenta con me. Io mi riposo un attimo, mi guardo attorno, bevo
del the, dei sali minerali e dell’acqua. Prendo un paio di biscotti e dello
zucchero che però non mangerò. Mi allaccio di nuovo le scarpe e sono pronta per
i prossimi 11 km. Mi raggiungono i miei due compagni, che però nelle successive
discese devono lasciarmi spazio.
Cado quelle 4-5 volte, di cui 1-2 rischio davvero grosso e
in un’altra cado su di un sasso che mi ha provocato un ematoma di 4x4 cm, ma
sdrammatizzo dicendo che prima o poi doveva succedere.
Arriviamo al 10-11 km e mi accorgo che non è ancora finita…e
si ricomincia a salire…altro ristoro, e il mio inguine inizia a dare qualche
problema, anche le fiacche sotto ai piedi in verità, ma ho ancora il
“Buongiorno” per ogni persona che incontro e anche la battuta pronta: ad una
bambina del posto con la bici le dico che lei sarà abituata, ad un altro
organizzatore gli dico che ci vogliono proprio morti.
E' più o meno al 12 km che
inizio a guardare l’orologio…e si sale ancora… inizio ad essere stanca.
In alcuni momenti
invece di andare avanti mi pare che il mio corpo cada all’indietro…ogni tanto
mi fermo e "medito" se sedermi a riposare su qualche masso..perdo anche un po’ di
lucidità trovandomi in mezzo a dei rovi. Mi avvisano che la donna dietro di me
mi sta per raggiungere, ma non mi importa molto in quanto sono riuscita a
mettere da parte il mio essere competitiva per questa esperienza.
Infatti poco dopo mi raggiunge e mi supera, per poi essere
lei nuovamente superata nel tratto in discesa. Naturalmente cado un’altra
volta, il pettorale si strappa e lo infilo tra l’elastico dei
pantaloni.
Non è ancora finita. Leggo 16 km e un organizzatore che mi
dice che ne manca solo uno…stavolta invece di dire “Buongiorno” rispondo:
“Evvai, sono contenta”…
In verità saranno due km, sono cotta, ma è finita mi dico, e
sono stracontenta…vedo il campo…e subito dopo il gonfiabile… mostro il mio
pettorale… e Rambo a braccia aperte ad attendermi!
Arrivata!!! Non sento neppure la fatica, tutt’altro, le 2 ore e
44 minuti sono volate, mi sono divertita, mi sono trovata a mio agio in tutto
il percorso.
Penso al mio pettorale n° 90, la paura: “Paura di che?! Oggi
proprio no!!!”
Una soddisfazione immensa. Soddisfazione non tanto dovuta al
mio 5° posto, o alle 2 ore e 44 o ai 18 km percorsi o alla mia primissima "skyrace"(se così si può definire), ma ad aver tenuto testa a me stessa, alla mia mente malefica, al mio
fisico che se avessi dovevo ascoltarlo sarei dovuta rimanere a casa, al mio essere
competitiva, al mio dirmi “non ce la fai”… perché davvero il nostro avversario
non è quello che sta davanti o dietro di noi, ma siamo proprio noi stessi, e
quando lo si affronta e lo si supera…allora sì che si è felici.
Volevo nuovamente sottolineare una "Super Bianca" e una "Grandissima Lory"!!!!
Concludo con una nota positiva per l’organizzazione e gli
organizzatori della "Pico Trail". Il percorso era ben segnalato, che anche per
una come me che si perde facilmente, trovandosi in diversi momenti
completamente da sola, è riuscita a seguire tutte le indicazioni. Oltre il
percorso, altra nota di merito è il buono pasto: insieme all’iscrizione ogni atleta aveva un buono pasto che
comprendeva un sostanzioso bis di primi e polenta con spezzatino come secondo.
L'Artista
Complimenti Elisa per come hai affrontato la gara.
RispondiEliminaDai guai fisici si guarisce sempre, sopratutto quando la testa c'è!!!!!
Al prossimo trail.
Ciao
Che trattato di psicologia podistica !!!
RispondiEliminaElisa sei stata grande. Ti assicuro che hai (avete) fatto qualcosa di molto difficile. Io misuro la difficoltà delle gare a cui partecipo con il mal di gambe che mi rimane nei giorni successivi e ti assicuro che ho avuto anch'io qualche problema di corretta deambulazione,quindi.....era effettivamente difficile.
Ti auguro che sia stata la prima di tante belle imprese.Ciao
Maurizio.
La corsa in natura ci entra dentro, che sia trail o skyrace o quant'altro non ha importanza, ci inonda di emozioni ci riempe di gioia, mette a nudo tutte le nostre insicurezze, a volte è un' inevitabile sconfitta ma alla fine, comunque vada, ci rende VIVI!
RispondiEliminaGrande articolo, letto tutto d'un fiato... e poi con sti continui cambi di colore... sei... il... mio... IDOLO :)
RispondiEliminaTestata di Super-Amicizia :)
Ciao Elisa, sono quel tuo compagno che ti ha lasciato spazio nella prima discesa per non essere travolto. rituale verificatosi anche nella seconda. un angelo biondo scatenato in quelle discese molto tecniche. Brava. Per essere la prima skyrace sei stata brava. Alla prossima
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